Ciao, sono Daria, dall’Emilia con furore. Sono un’appassionata di moda, che nella vita studia cinema. E che cura un blog (www.pollywantsablog.com). Mi definirei una giovane confusa aspirante giornalista. Sara Ferraioli ha frugato nel mio cervello e ha tirato fuori una rubrica che parla di moda nel cinema. In fondo, la moda come la conosciamo noi oggi, fatta di tormentoni, di copiature e di storpiature, è nata proprio grazie al cinema. Fin dagli albori del cinema muto le giovani borghesi correvano dalla sarta di fiducia per farsi confezionare il vestito dell’ultimo film con la divina Greta Garbo e gli uomini tentavano di sedurre le donne “alla Valentino”. Per non parlare poi di icone come Audrey Hepburn e Brigitte Bardot, che hanno spopolato con i loro look anche fuori dal set. Proprio dalla bellissima Bardot, per me icona per eccellenza, ho preso spunto per il titolo della mia rubrica; “Moi je joue”, io gioco, è il titolo di una delle sue canzoni più famose e credo che renda perfettamente l’idea di quello che propongo: giocare con moda e cinema, creare stili, farvi conoscere nuove possibili tendenze attraverso i film divertendovi. Spero.
C’è stato un momento nella storia in cui la moda ha toccato il surrealismo e, dopo aver visitato la mostra su Dalì al palazzo Blu di Pisa, la voglia di fare ricerche è ritornata.
Dobbiamo tornare indietro fino agli anni ‘30, quando la giovane romana Elsa Schiaparelli diventa importante nel mondo della moda parigina. Sono gli anni in cui nasce l’Haute Couture, in cui nuovi tessuti e forme vengono interpretati dagli stilisti, in cui pian piano si fa strada il prèt-à-porter.
Già da anni sappiamo che il caldo e morbido tessuto pile è realizzato macinando bottiglie di plastica che poi vengono filate come la lana. Ottima cosa. Sappiamo anche che alcune borse e certi accessori sono realizzati in materiale riciclato.
È pensiero comune associare la moda alla frivolezza e allo snobismo nei confronti degli animali e dell'ambiente. In effetti, grazie ai social network e all'economia di massa, è così.
La vera moda, espressione artistica e esaltazione del corpo umano, rimane sepolta sotto strati di nuovi marchi senza significato e caterbe di persone che, come un gregge, seguono senza pensare quello che si deve indossare.
Il rossetto rosso è diventato oggetto di culto con una sua storia, una sua importanza. Coco Chanel disse: “Se siete tristi, se avete un problema d’amore, mettetevi il rossetto rosso e attaccate.”
Stanche di dover scegliere tra l’amore per l’ambiente e la moda? Sembra che i due mondi si stiano pian piano avvicinando, le aziende sono molto più attente ai materiali scelti per la realizzazione di borse
Stavo cercando di trarre un resoconto modaiolo dalle varie Fashion Week (che ancora non sono terminate) per fare il punto della situazione, per capire e farvi capire cosa andrà di moda nel 2016 e cosa si dovrà scartare. Ma mi sono fermata a pensare: perchè, in un periodo di crisi, devo portare la gente a comprare di più?
Ieri sera ho visto il documentario di Amy Berg su Janis Joplin, i suoi tormenti, la sua voce, i suoi amori (che combaciano con i suoi tormenti).
Ho avuto la pelle d’oca per tutto il tempo, forse perchè ero pure in prima fila e la voce e la musica non entravano solo nelle orecchie, ma sconquassavano anche la pelle.
Il 19 agosto è una data importante nel mondo della moda perchè è l’anniversario della nascita di Gabrielle Chanel, detta Coco probabilmente per una canzoncina della sua breve carriera da cantante.
Già accennato nella parte prima de “La moda del videogioco”, The Witcher è un prodotto sul quale bisogna soffermarsi perchè, in quanto a collegamenti con la cultura (soprattutto polacca e fantasy) e in quanto a realtà virtuale, ha poco da invidiare ai videogiochi delle grandi multinazionali.
Premetto che non sono per niente una brava fotografa, non ho una macchina fotografica e nemmeno i collage sono il mio forte, per cui ho fatto quello che ho potuto.
Detto questo, finalmente ho scoperto un luogo toscano in cui si fa e si insegna la vera moda. Sì, sì, c’è anche Pitti che porta il made in Italy dalla Toscana, ma, visto che è diventato un covo di fashion blogger non sempre di qualità, non lo considero più all’altezza di un tempo. Non ditelo a Napoleone.